(Un articolo per imprenditori, professionisti fintech e appassionati di tecnologia)


Un blackout “dietro le quinte” che ha fatto tremare la rete

Questa mattina, 20 ottobre 2025, il web si è improvvisamente fermato. Non per un attacco hacker, né per un errore umano da tastiera. A bloccarsi è stata AWS (Amazon Web Services), la spina dorsale di gran parte di internet.

Tutto è iniziato intorno alle 8:11 del mattino (ora italiana), quando il server AWS nella regione americana US-EAST-1, ha cominciato a restituire errori e rallentamenti. In poche decine di minuti, l’effetto domino si è propagato ovunque: siti, app e servizi cloud hanno iniziato a cadere uno dopo l’altro.

Il disservizio è durato circa tre ore, con picchi di inaccessibilità generalizzata. AWS ha poi comunicato di aver individuato il problema: un guasto interno legato al database DynamoDB, che ha provocato un sovraccarico e interruzioni a catena. Nessun attacco esterno, solo un errore tecnico.

Ma quando la macchina più grande di internet tossisce, il mondo digitale si prende un raffreddore.


Quali servizi e aziende sono rimasti al buio

Dai social alle banche, un blackout a catena

L’interruzione non ha risparmiato nessuno: dalle piattaforme di intrattenimento ai servizi finanziari, fino alle app per la casa intelligente.

Snapchat, Fortnite e Roblox hanno registrato interruzioni massicce. Gli utenti non riuscivano ad accedere, a giocare, o a inviare messaggi. Anche Ring, il popolare sistema di videocitofoni smart, mostrava errori continui e connessioni fallite.

Nel mondo fintech e dei pagamenti digitali, Venmo e Coinbase hanno avuto momenti di blackout totale, mentre app di collaborazione come Slack e Microsoft Teams sono rimaste inaccessibili a molti utenti.

Nel Regno Unito, persino i siti di Lloyds Bank, Bank of Scotland e dell’ente fiscale HMRC hanno avuto problemi di accesso, mostrando quanto la dipendenza dal cloud sia ormai universale. Altri servizi, spesso invisibili all’utente finale, sono stati coinvolti.


L’impatto sul mercato: e non solo “gioco e app”

Quando un colosso come AWS va giù, non si ferma solo il divertimento. Si ferma il business.
Molte aziende SaaS hanno visto i propri sistemi bloccarsi all’improvviso, con perdite economiche e disservizi per i clienti. Gli e-commerce che si appoggiano a AWS per gestire ordini e pagamenti si sono ritrovati con carrelli vuoti e check-out in errore.

Nel mondo fintech, anche pochi minuti di stop equivalgono a transazioni fallite e clienti frustrati. E per gli investitori, questo tipo di evento è un campanello d’allarme: la resilienza tecnologica non è più un optional, ma un requisito per sopravvivere: anche pochi minuti di inattività si traducono in costi reali.


Cosa significa per consumatori e imprese: il lato “umano” del disservizio

Dietro ogni disservizio tecnico c’è un impatto reale, umano.
C’è chi non è riuscito a pagare un caffè con l’app, chi non ha potuto accendere le luci di casa con Alexa, e chi più seriamente ha visto fermarsi il proprio negozio online in pieno orario di vendita.

Per le aziende digitali, questo evento è una lezione chiara: dire “siamo nel cloud” non basta. Serve sapere come reagire quando il cloud si spegne. Pianificare scenari di emergenza, avere backup, capire quali servizi dipendono da una singola regione o provider.


I “big player” coinvolti (o segnalati)

Ecco un elenco non esaustivo delle aziende e dei servizi principali che hanno confermato o sono stati segnalati come colpiti nell’outage:

  • Snapchat
  • Fortnite / Epic Games
  • Roblox
  • Ring (smart home)
  • Venmo (pagamenti digitali)
  • Coinbase (crypto exchange)
  • Slack / Microsoft Teams (collaboration)
  • Lloyds Bank, Bank of Scotland, HMRC (servizi UK)
  • Amazon (sito retail, Alexa)

Cos’è AWS (spiegato semplice)

La “centrale elettrica” di Internet

Amazon Web Services è una piattaforma cloud che fornisce potenza di calcolo, archiviazione dati e servizi digitali a milioni di aziende nel mondo.
In pratica, è come una gigantesca centrale elettrica digitale: invece di costruire un proprio server, le aziende “affittano” risorse da AWS per gestire i loro siti, app e database.

Molte startup, banche, aziende fintech e persino istituzioni governative dipendono dai suoi data center. Il vantaggio è enorme: costi più bassi, scalabilità immediata, infrastrutture sicure e sempre aggiornate.
Ma il rovescio della medaglia è chiaro: se la centrale si ferma, tutto il quartiere resta al buio.

Perché è importante

  • Prestate attenzione: quando aprite un’app, fate login, comprate online, trasmettete dati molto probabilmente state usando infrastruttura AWS o simili.
  • Amazon ha data center sparsi nel mondo (regioni e zone di disponibilità) che permettono scalabilità, velocità e resilienza.
  • Molte startup fintech, aziende SaaS e perfino governi si appoggiano ad AWS per non dover costruire da zero i server, i backup, i sistemi di bilanciamento del carico.
  • Il vantaggio: costi ridotti, rollout più rapido, aggiornamenti più facili. Il “rischio nascosto”: se la base va in crisi, anche l’app che usate ogni giorno può fermarsi.

Riflessione finale: il rischio della centralizzazione

Il blackout di oggi è l’ennesimo promemoria che anche i giganti del cloud possono inciampare.
Le aziende che basano tutto su un unico fornitore rischiano grosso in caso di guasto improvviso. È tempo di pensare a strategie multi-cloud, piani di business continuity e sistemi capaci di resistere anche quando un’intera regione cloud va offline.

Non si tratta di paranoia tecnologica, ma di buon senso.
La vera forza non è affidarsi al cloud, ma saper sopravvivere quando il cloud cade.